Colloquio di lavoro: la gravidanza va dichiarata?
L’Unione Europea combatte qualsiasi forma di discriminazione nel mondo del lavoro, sia a livello istituzionale sia normativo e l’Italia, in quanto stato membro, rispetta questo principio. Il genere femminile, ritenuto il “focolare domestico” sul quale poggia la gestione familiare si ipotizza – a torto – meno disponibile alla flessibilità richiesta nelle attività professionali.
Il legislatore è
sempre stato consapevole del fatto che la donna, durante il periodo di
gravidanza, deve essere considerata come appartenente a una “fascia
particolarmente debole e con scarso potere contrattuale” a prescindere dalle
capacità professionali possedute. L’articolo 37 della Costituzione Italiana
assicura “alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione” e, anche
per questo principio ciascuna donna ha il diritto di non dichiarare la
gestazione.
Alcuni datori di lavoro poco onesti, per evitare il problema, potrebbero decidere di risolvere la questione “a monte” scegliendo, se sono a conoscenza dello stato di gravidanza, di non assumere quella candidata prossima a richiedere un congedo per maternità. La legge impone che lavoratrice debba essere valutata per le skill della sfera professionale ignorando volutamente quanto accade nella sfera privata e questo soprattutto durante un colloquio preliminare.
Alcuni datori di lavoro poco onesti, per evitare il problema, potrebbero decidere di risolvere la questione “a monte” scegliendo, se sono a conoscenza dello stato di gravidanza, di non assumere quella candidata prossima a richiedere un congedo per maternità. La legge impone che lavoratrice debba essere valutata per le skill della sfera professionale ignorando volutamente quanto accade nella sfera privata e questo soprattutto durante un colloquio preliminare.
Per scongiurare
questa discriminazione, a livello europeo sono state emesse diverse
sentenze, diventate successivamente il pilastro portante delle leggi contro
la discriminazione femminile nel mondo del lavoro. Tra queste bisogna ricordare
il caso Dekker e Webb che hanno indotto il legislatore comunitario, nella
direttiva del 2002 (articolo 2, punto 7-ter), a inserire l’esplicito divieto di
discriminare le donne per motivi collegati alla gravidanza o al congedo di
maternità.
La donna, in
conclusione, è libera di candidarsi per qualsiasi lavoro senza dover informare
il datore di lavoro del proprio stato di gravidanza e coloro i quali violano
questo diritto sono sanzionabili per legge.
Fonte: Familydea.it
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