Sposarsi a Caltanissetta, il “ticket” imposto dai preti. Nel tariffario della Diocesi invece…

Quanto costa un matrimonio? Tra gli abiti e il valore dell’oro per le fedi, il budget che i futuri sposi devono preventivare – già sulla carta – lievita vertiginosamente e, questo, spinge molte coppie a scegliere la più comoda – e meno problematica in caso di separazione – convivenza. Un trend che certamente non include la Sicilia dove, secondo quanto rilevato dall’ISTAT nel 2012, le unioni religiose sono addirittura incrementate dell’1,5% (313 unioni in più rispetto al 2008) e nemmeno Caltanissetta nella quale, su 1.096 matrimoni officiati nel 2012 ne ha registrati 859 religiosi (78,4%) e 237 civili (21,6%).
Ciò indica come la scelta di consacrare l’unione davanti a Dio, per i fidanzati, è un’opzione ancora molto seguita. Le coppie di futuri sposi, però, devono includere nel budget un altro “ticket”: quella della “location” per il rito sacro.
E’ importante sottolineare che per ricevere un sacramento una persona non è tenuta a pagare nulla poiché il valore spirituale ricevuto è incalcolabile ma è pur vero che un buon cristiano deve mostrarsi caritatevole e contribuire alle necessità dell’ordinario mantenimento della comunità parrocchiale. Tra questi, solo per citarne alcune, riscaldamento, pulizie, manutenzione strutturale o attività caritative.
La Conferenza episcopale italiana (Cesi), nel 1997 ha definito nel dettaglio gli importi relativi alle tasse e alle offerte per i servizi sacramentali ed eventuali “sovrapprezzi” come, ad esempio, quello che la coppia in attesa di unione dovrebbe versare per scegliere una parrocchia diversa da quella di appartenenza.
Il vero problema, però, non è dettato dai “costi fissi” suggeriti dal Cesi bensì dalla variabile che ciascun parroco sceglie di applicare dando, in tal modo, un peso differente alla singola cerimonia religiosa.
Il rituale, per alcune parrocchie, è sempre lo stesso: ai fidanzati viene chiesta “un’offerta libera a partire da…” e, purtroppo, in alcune realtà, Caltanissetta non fa eccezione come ha appurato Seguonews consultando il tariffario. Per le chiese “più gettonate” le cifre salgono anche a 250 euro per la singola funzione (ovviamente, come specifica il tariffario, senza fiori od organista). Non bisogna chiaramente generalizzare: alcuni parroci chiedono solo quanto previsto dal Cesi.
Alcune Diocesi, anche nei siti internet istituzionali, specificano che questo tariffario standard vuole essere un “orientamento comune per evitare eventuali abusi che, nel caso fossero riscontrati, andrebbero segnalati alla curia”. Un “suggerimento”, dunque, come quello rivolto ai futuri sposi di portare in chiesa, prima della funzione o durante l’offertorio, generi alimentari per i più bisognosi.
Le nuove direttive entrate in vigore nel 2004 impongono alla coppia che si sta per formare di consacrare l’unione davanti a Dio e alla comunità religiosa; regole che chiudono le porte ai matrimoni “alla Beautiful” dentro le case, in spiaggia o all’aperto poiché il regolamento impone alla Chiesa di “avvolgere” la coppia di celebranti nel senso fisico e metaforico. I due futuri sposi, dunque, saranno obbligati a optare tra la scelta della parrocchia di appartenenza o un’altra per la quale si nutre un’ammirazione per il valore storico o artistico.
Se una Messa celebrata richiede un contributo di 8 euro e un matrimonio di 103 euro (come si vede dall’immagine) bisogna chiedersi quali particolari esigenze spingono alcuni parroci ad alzare la donazione anche di 150 euro. Quel che appare – dall’esterno – è una variante moderna delle “vendita delle indulgenze” dove il peccato imputato alla coppia è quello della “vanità”.
Ci appelliamo, dunque, alla Diocesi di Caltanissetta e ai suoi parroci per capire quello che – almeno in apparenza – appare come è un abuso: il clero non dovrebbe aiutare gli uomini a essere umili e non sbagliare invece che speculare? E il fedele non dovrebbe essere lasciato libero di donare quanto gli ispira il proprio animo caritatevole?
Fonte: Seguonews

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